RIFLESSIONE SU "SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA" DI CARLO ROVELLI
- culturainatto
- 17 ott 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 17 gen 2021
di Aurora Licaj
È sempre impresa assai ardua dover trattare di argomenti complessi, dipanare questioni intricate, rendendole comprensibili a intelletti non preparati. A maggior ragione, trattare temi e concetti i cui apostoli stessi non sono certi della loro veridicità, per mancanza parziale o totale di prove plausibili.

Quindi, chi giudica il breve saggio del prof. Rovelli come troppo semplicistico o mero esercizio di divulgazione, credo debba rivisitare la propria coscienza e rendersi conto che spiegare i temi da lui riportati ad un livello di “popolo di lettori” mantenendo alto l’approfondimento di tali sia praticamente impossibile.
È apprezzabile invece lo sforzo dell’autore nel suscitare un minimo di curiosità e rendere almeno degne di nota nozioni di fisica di cui probabilmente pochi avranno sentito parlare, a prescindere da chi invece ne sa perché studia la materia.
Il compito della divulgazione scientifica prevede proprio questo: proporre uno studiato menù che stimoli il palato del pubblico e lo induca a sperimentare portate differenti. E la riflessione su tematiche che legano la scienza ad una sfera più intima del pensiero umano, come quella filosofica, non può che riuscire spontanea nel lettore più sagace.
Per tale motivo propongo brevemente come spunto da questa mia lettura uno dei temi che sta particolarmente a cuore a noi scienziati, così come a qualsivoglia “pensatore”: il tema del dubbio.
Quando Einstein scrive riguardo al suo lavoro sullo studio dei quanti di luce esordisce con un “Mi sembra che…” e dice Carlo Rovelli “…ricorda l’”Io penso…” con cui Darwin introduce nei suoi taccuini la grande idea che le specie evolvono, o l’”esitazione” di cui parla Faraday quando nel suo libro introduce la rivoluzionaria idea di campo elettrico”. Il dubbio può essere considerato il principale motore scaturente riflessioni sull’uomo e ciò che lo circonda.

Per citare uno dei più grandi esponenti di questa “dottrina”, Cartesio, nel proprio lavoro di ricerca della verità, asserisce “…Dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo”. Dubitare dunque è prova intrinseca alla natura umana dell’esistenza della stessa. Aristotele inizia il detto “libro terzo” della sua Metafisica ponendo in rilievo che: “Ė necessario, per quella conoscenza da noi ricercata, muoverci prima di tutto verso ciò di cui si deve dubitare in primis”. È proprio questa ricerca, questo protendere verso ciò che ci induce al dubbio (curiositas humana est!) a metterci in confronto con la realtà in cui siamo immersi, e questo labor radicato nella nostra natura diventa maieutico nella scoperta di verità inconfutabili. Dunque, si sale un ulteriore gradino, quello che ci porta a stabilire delle regole peculiari che possano dar vita a verità sperimentalmente evidenti, senza le quali si tornerebbe al punto di partenza, ad un mero esercizio filosofico. Ecco che il dubitare ha bisogno anche di certezze, che, ritornando al passaggio precedente, sono punti anche essi di confronto, in un susseguirsi di idee che generano una reazione a cascata, con una stella fissa alle spalle, l’imprescindibile certezza dell’esistenza.

Interessante l’esempio riportato da Rovelli, del contrasto di idee tra Einstein e il collega Niels Bohr: la disputa vede le teorie della meccanica classica, nate con Newton, dogmi che Einstein stesso riteneva intoccabili, superate con forti evidenze dalle novelle teorie della meccanica quantistica, di cui Bohr era uno dei portavoce. Scrive l’autore “Nel corso dello scambio, entrambi i grandi uomini hanno dovuto arretrare, cambiare idea. Einstein ha dovuto riconoscere che effettivamente non c’era contraddizione nelle nuove idee. Bohr ha dovuto riconoscere che le cose non erano così semplici e chiare come pensava all’inizio.”
Un confronto che ha portato uno dei padri della fisica a dubitare delle proprie convinzioni e un giovane intraprendente a dimostrare con ogni mezzo in suo possesso una teoria che ancora oggi presenta diversi punti d’ombra. Arrivo al dunque di questo mio assemblaggio di citazioni con tanto di collante personale: la scienza odierna, avendo sviluppato capacità nella risoluzione dei problemi dell’umanità a dir poco sorprendenti, ha conseguentemente appreso l’atteggiamento tipico di chi sente di avere in mano le redini di ogni tipo di situazione, a volte trascurando il fatto che non c’è nulla di più incerto e mutabile dei principi su cui essa stessa si basa. Mi è capitato di sentire colleghi scienziati affermare con una sicurezza quasi cieca la teoria della casualità come genitrice del nostro universo, quella dell’evoluzione proposta da Darwin nel 1859 come unica possibile spiegazione plausibile, e così via. Non è mia intenzione criticare il prendere una posizione, anzi, credo che sia fondamentale partire da quelle che personalmente ci sembrano le “opinioni più probabili”, come dice Cartesio. È indispensabile però tener sempre conto di questo prezioso compagno, molto spesso ignorato, il dubbio, senza dare giudizi certi alla cieca.

Voglio riportare le parole di un importante premio Nobel della fisica, Richard Feynman, che a mio parere riassumono al meglio il messaggio di questa mia riflessione. “Questa libertà di dubitare è fondamentale nella scienza e, credo, in altri campi. C’è voluta una lotta di secoli per conquistarci il diritto al dubbio, all’incertezza: vorrei che non ce ne dimenticassimo e non lasciassimo pian piano cadere la cosa. In quanto scienziato conosco il grande pregio di una soddisfacente filosofia dell’ignoranza, e so che una tale filosofia rende possibile il progresso, frutto della libertà di pensiero. E in quanto scienziato sento la responsabilità di proclamare il valore di questa libertà e di insegnare che il dubbio non deve essere temuto. Nella scienza il dubbio è chiaramente un valore: è importante dubitare, ed il dubbio non deve incutere timore, ma deve essere accolto come una preziosa opportunità. Se non siamo sicuri, e lo sappiamo, abbiamo un’occasione di migliorare la situazione. Chiedo la stessa libertà per le generazioni future.”[1]
Termino con un invito, rivolto a voi che avete dedicato minuti preziosi alla lettura di questo mio testo. Oltre alla riflessione, leggete e seguite, non solo il saggio del professor Rovelli, che consiglio per chi volesse iniziare ad interessarsi a questo mondo, ma diversi altri autori e divulgatori scientifici; che abbiano però alle spalle una carriera e conoscenze consolidate derivanti non solo dallo studio specifico della materia, ma da un’analisi e un confronto impegnato delle fonti (chiunque può fare divulgazione anche riguardo argomenti non competenti al proprio campo di conoscenze!). Che non presentino nulla di “scientifico” senza citare gli articoli, gli studi riguardanti l’argomento preso in analisi. Diffidate da chi pronuncia termini come “è certo”, “è così” e simili, spesso e con leggerezza, da chi vi presenta come verità ciò che in realtà è incerto: allora tutto diventa fatuo, come un’eco che non ha alcuna roccia a cui aggrapparsi.
Per questo la scelta consapevole, per questo, sempre, il Dubbio.
[1] Richard P. Feynman – Il senso delle cose. Adelphi, Milano, 1999