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PROPOSTA PER UNA TRADIZIONE DELLA MUSICA OCCIDENTALE

Aggiornamento: 26 apr 2021

di Jozef F. Pjetri


ITA/ENG

Translation: Angela Favero


*note alla fine di ogni paragrafo




Nella prospettiva delle società arcaiche, tutto ciò che non è il nostro mondo, non è ancora un mondo. Non si può far proprio un territorio se non lo si crea di nuovo, il che significa consacrarlo.

M. Eliade, il Sacro e il Profano


Tradizione e mondanità

- Premessa: un mestiere quasi una fantasia… [1]

Che questo passato sia stato il secolo della confusione verbale e non, è sotto gli occhi di chi ha orecchie e certamente non sarà questa mia leggera fatica a mettere in luce le contraddizioni che tutti accettano come verità. Non parlerò di opposte ideologie finanziate dalle stesse banche, eviterò di analizzare come sia possibile essere vittima e carnefice nello stesso tempo… o altre amenità che non competono a me. Almeno non oggi. Ma quello che mi preme in questo periodo, e visto il mestiere di musicista che cerco di fare, è analizzare e fare un po’ di luce sui termini che tutti noi usiamo e che a me personalmente fanno rabbrividire, uno su tutti: musica classica



Chi di solito fa un mestiere che non apprezza, magari per ragioni storiche o sociali, cerca sempre di accorparlo a qualche termine che getti fumo negli occhi [2]. Evidentemente più di qualche musicista vuole far dimenticare la lunga storia, anche recente, di questo mestiere, e in primo luogo gli inizi, quando cioè eravamo alla stregua della radio in un bar: SOTTOFONDO!

Lo so, è sgradevole dirlo, ma è la cruda verità. La musica strumentale, dai tempi antichi, fino al punto/Persona che analizzeremo più avanti, è stata semplice sottofondo di altri eventi… che fossero queste cene dei vari Trimalcione, sposalizi e balli di corte, riti religiosi, decapitazioni o altro. Il musicista era lì, alla stregua di tutti gli altri servi, magari di rango più elevato (perché c’è servo e servo pare), e allietava senza troppi fastidi il Signore di turno e la sua corte. Questo era il mestiere del musicista, esecutore e compositore. E nei secoli per alcuni aumentavano gli introiti, magari, ma la libertà di azione ed espressione, e qui mi riferisco ai compositori, era sempre a discrezione del Principe mecenate.

Persino Lully, che fece certamente innegabili riforme formali in musica e nei balletti, non si discostò mai con il suo lavoro intellettuale/musicale dagli argomenti, amore e morte etc etc. senza tante pretese, che la corte del re Sole amava e imponeva. Lully fu certamente ricco e a suo modo potente, decideva infatti il futuro e la eventuale morte artistica dei musicisti in Francia, ma non fu mai libero. Così per Händel ed altri. Tutti asserviti al gusto delle corti dell’epoca. Qualcuno dirà che non avevano la voglia di essere liberi, non conveniva, o semplicemente, non aspiravano a tanto.

Dobbiamo aspettare Beethoven per poter parlare finalmente di un musicista volutamente libero di esprimere la propria interiorità e Cultura al di là del senso comune del mecenate e di chi lo circonda.

Certamente i tempi erano diversi, e i mecenati stessi forse più illuminati, [3] non saprei dire con esattezza e non importa certo ora, ma fatto sta che Beethoven, patendo in certi momenti anche la fame, riuscì con la sua opera e vita a donare finalmente Dignità ai musicisti e persino ad elevarne alcuni a guida, per il resto del secolo, delle altre arti ed espressioni culturali [4].

Si capisce già da questo brevissimo excursus che col termine musica classica quindi francamente non si può intendere un bel nulla.

Ma vediamo cosa esattamente e perché i cari musicisti odierni vogliono nascondere, anche se son convinto che i più lo facciano in maniera ingenua e per diffusa ignoranza, con questo termine.


 

1. Cit. Sonata n.14 n.2 quasi una Fantasia di Beethoven detta anche Chiaro di Luna.

2. Come certi facoltosi falegnami lanciati nel mercato che battezzano atelier la loro solita bottega, o che escort non voglia semplicemente dire…

3. Tra il settecento e l’ottocento l’accesso alle fonti della Cultura era incrementato, grazie anche agli avvenimenti della rivoluzione della borghesia mercantile francese del 1789. Quindi lo stesso potere economico, il gusto e, di conseguenza, le esigenze culturali non erano più ad appannaggio della sola aristocrazia.

4. È il caso di R. Wagner appunto.

 

- La musica mondana… [5]

Come già accennato nella premessa, il mestiere e la stessa produzione musicale fino a Beethoven, che sarà quindi una pesantissima pietra di paragone dell’intero discorso, era legata in modo indissolubile con l’uso per il quale era destinata. Non me ne vogliano i cari maestri se avanzo allora il dubbio che il 99% di quella che viene comunemente detta e venduta ogni sera come musica classica debba chiamarsi, senza provare imbarazzo alcuno del resto, vecchia musica accademica mondana [6], legata nel bene e nel male al gusto formale più o meno consolidato, al grado di cultura e alla necessità, o meglio, possibilità di libertà di pensiero di una determinata classe sociale in un preciso periodo storico.

La distinzione tra questo genere e la musica pop [7] della stessa epoca, sta solo nella complessità della struttura formale trattata dalla prima. Tutto qui. La musica accademica ha comunque guardato, seppur più per interesse di tipo estetico/esotico che altro, al genere pop, inglobandolo in maniera filtrata nelle rapsodie su temi popolari, nei balli tipici e particolari delle Suite, nelle imitazioni di stili vocali o ritmici regionali e quant'altro. Allora non valeva il contrario, ovviamente, per chiare motivazioni di gusto e carenza di cultura [8].

La musica mondana, come si è detto, tratta sempre temi che non vadano a disturbare in alcuna maniera la corte e il Potere di turno. Temi che magari vengono edulcorati da forme pirotecniche, da sovrastrutture che suscitino stupore ma null'altro. Per questo, nell'ambito accademico, si passano le giornate a verificare, sguinzagliando anche critici fedeli e infedeli, l’ortodossia formale di uno piuttosto di un altro visto che quello della Forma è l’unico terreno apparentemente libero di discussione che ogni Potere permette alla cultura mondana. Tipo: “ forma sonata o gonna corta? Infradito o atonalità?..”

Da qui la strana convinzione di certi rivoluzionari per cui la conquista della libertà formale andrà, prima o dopo, a coincidere con quella intellettuale. Eppure è vero il contrario. È la necessità intellettuale di espressione, insomma il messaggio per semplificare il tutto, e la sua complessità che sente di doversi liberare il più possibile dalle costrizioni formali dettate da altri per poter così creare una forma più adatta a questa finalità. Insomma, la Forma, intesa come struttura e linguaggio, è solo il mezzo per trasmettere un messaggio, ne è il tramite!!


 

5. Io non voglio addentrarmi in campi altrui, ma son certo per esperienza e studio, che come per la Musica l’intero discorso può benissimo essere applicato al resto delle arti e della Cultura in generale.

6. Con musica accademica non intendo colta, ma semplicemente ligia a regole formali precise, livellatrici e filo mediocri, parzialmente mutabili e gelosamente custodite e tramandate.

7. Perché dire pop al posto di cultura popolare fa sentire taluni, grazie a un minimo sforzo intellettuale, più colti e meno popolo. Rimando a quanto detto riguardo i mestieri della nota n.2.

8. È il vecchio discorso di distinzione tra fama per autorità e fama per consapevolezza. Che il popolo conoscesse i nomi dei grandi della musica è certo e documentato. Rimane su tutti l’aneddoto che sa tanto da leggenda metropolitana, di quella vecchia montanara che avendo saputo che il suo interlocutore fosse musicista, gli fece il nome di Beethoven suscitando lo stupore di quest’ultimo che incredulo le chiese se lei sapesse chi realmente fosse questo Beethoven per poi sentirsi candidamente rispondere: “ si dice che abbia inventato la musica!”. È il “si dice” che crea la fama per autorità. Questo tipo di fama lascia il tempo che trova. Certo, se Beethoven fosse passato per qualche osteria del luogo dicendo di essere proprio Lui, sicuramente un pranzo lo rimediava. Certamente, non la comprensione. Risulta ovvio allora che è la fama per consapevolezza il vero polso per cui riscontrare una eventuale comprensione tra il pubblico e l’artista. Nel caso della cultura pop di allora, la fama di questo tipo spettava al violinista girovago della sagra di paese.

 


- ...e la musica di Tradizione.

È con la musica di Tradizione che il messaggio guida l’eventuale mutamento della forma. Lo fa esclusivamente per la necessità di espressione. Nulla di più.

Almeno questo ho riscontrato in Beethoven, Berlioz, Liszt, Wagner e Scriabin.


Liszt, Beethoven, Wagner

La ricerca che mi ha condotto a questi cinque nomi [9], che non escludono gli altri compositori ma ne sono in un certo senso separati (lo specifico per i porta bandiere del volemose bene a tutti i costi!!!), è partita dal mio assoluto non riconoscermi nella storia culturale/spirituale del ‘900 [10]. Questo non riconoscersi nella cultura ha trovato parziale sollievo nella vita e nell'analisi dell’opera di Ezra Pound. Nell'incontro con la figura di Julius Evola invece, la parte spirituale ha avuto antica conferma [11]; ed è seguendo l’esempio di quest’ultima che quello che reputavo un vuoto nell'ambito musicale si definì e si manifestò come un campo di grano in mezzo al deserto: l’unica libera Tradizione della musica occidentale va cercata esclusivamente negli esponenti di quella che per comodità si definiva musica a programma [12]! Nelle loro INTENZIONI soprattutto!

Il messaggio, il comunicare un sapere attraverso la musica è la loro Intenzione.

È questo il punto: nella Tradizione da me individuata la musica, o meglio, l’Arte nella sua totalità non può non avere un significato, un messaggio profondo.

L’Arte di Tradizione può essere solo comunicazione di argomenti e tematiche che ai più sembrano alti ma che riguardano ogni uomo che respiri.

L’Arte senza messaggio o col paradossale non messaggio predicato da cento e passa anni, è culturalmente NON NECESSARIA

Senza questa Intenzione, l’Arte e chi la pratica ritorna allo stato di servitù di cui parlavo già nella Premessa [13].


 

9. In realtà sono sei con Bach, il quale però è una sorta di Padre mitologico che in un certo senso pare accomuni tutte le tradizioni musicali, dall'accademia vecchia e quella nuova fino al Jazz.. diciamo che è uno di quei dogmi che più che accettare non indago proprio, per questioni di tempo. È giusto che tutti abbiano un Padre elettivo, poi il giudizio sull'esserne degni o meno deve farsi in relazione al loro operato.

10. Il secolo più mercantile e mondano e il meno Occidentale vissuto dall’Europa! Ma questo è un altro discorso, per quanto inerente ai temi trattati nell'articolo.

11. La Tradizione spirituale occidentale, tanto bene custodita da Evola nella maggior parte dei suoi scritti, è antica ed articolata quanto, se non oltre, quella Orientale – eppure viene dimenticata, negata quasi, certamente ignorata. È poco esotica forse. Diciamo che c’è anche nelle scelte spirituali un predominio della mondanità.

12. Non voglio spendere neanche una lettera per spiegare se eventualmente mi riferisco a certi componimenti a programma “descrittivo” (boschi, ruscelli, orchestrine beome in allontananza..) o piuttosto alla musica a programma “di Ideali o poetica” come la chiamava Liszt stesso..e quale sia la differenza tra loro!

13. Questa mia affermazione non pretende d'essere un monito, certo, anche perché sono sempre più convinto che, come avrebbe detto Machiavelli: li uomini sono sempre li medesimi..e quindi certi usi del passato varranno sempre. Come detto nella Premessa, con questo mio breve saggio voglio solo chiamare le cose col proprio nome, semplicemente.

 


Il linguaggio come messaggio

Come sostenuto, fino, o meglio, escluso i Padri della Tradizione e la loro Intenzione da me individuata, la Musica, da quella più colta al pop di ogni epoca, era un semplice strumento d’intrattenimento e fugace piacere alla stregua delle stravaganti portate delle cene di Trimalcione. Così pure il nostro novecento.

Ogni volta che ho sostenuto questa mia tesi in pubblico, l’obbiezione più rilevante che mi è stata mossa è stata la seguente:

“ma come può tutto lo sviluppo del linguaggio del novecento essere paragonato alla musica mondana di cui parli?”

La mia voglia di ribattere o meno sull'argomento sviluppo dipende sempre dalle concrete e dimostrate competenze e conoscenze in materia di chi ha mosso l’obbiezione.

Vorrei provare ad analizzare qui uno dei più classici esempi di sviluppo del linguaggio in musica, ossia il Tristano e Isotta di Wagner.

Nei vari corsi dei nostri conservatori il Tristano e Isotta viene presentato agli studenti, fino a diventare un luogo comune, come una delle massime spallate date al terribile mostro che pare abbia frenato le esigenze esplicative dei più: la tonalità!!

Si dice che qui Wagner spinge, dilata, etc. etc. il linguaggio tonale, in una specie di progettata ribellione a regole sentite vecchie, e amenità simili.

La maggior parte degli studenti poco attenti prendono appunti nel loro ottuso silenzio e probabilmente non capiscono il tutto, quelli invece che sono, per dirla in gergo “giovanile”, lanciati nella contestazione, rimangono affascinati da tutto ciò immaginando chi sa quale trama di sovversione e “ideali socialmente utili” Wagner tratti nel Tristano e Isotta con l’ausilio di questo suo nuovo linguaggio. E più di una volta ho constatato che proprio questi ultimi non solo ignorano la trama e l’antefatto meramente amoroso [14] del Tristano e Isotta, ma pure pensano, e dico di diritto viste le premesse, che questa sia l’ultima opera di Wagner.

Eppure siamo solo nel 1859 e l’opera che segue il manifesto wagneriano dello “sviluppo del linguaggio” è I maestri cantori di Norimberga, opera in stile a dir poco classico, certamente molto lontana dalla precedente.

Sorge spontanea allora la domanda sul come sia possibile che il linguaggio dello stesso Siegfried e Crepuscolo degli Dei o parte di Parsifal, quello sì suo ultimo lavoro sia, come dire, meno sviluppato nel linguaggio rispetto a Tristano e Isotta

sarà mai che Wagner era wagneriano a intermittenza?!

Mi rendo conto che il tutto può sembrare paradossale se non ridicolo, ma è proprio a queste conseguenze che porta l’eventuale analisi seria di ognuno dei dogmi che ci propinano da cento e rotti anni, e non solo in ambito musicale, ovviamente.

Senza tanti giri di parole, sarebbe più semplice dire che il linguaggio cromatico esasperato e compatto ed estremamente non conclusivo in senso armonico del Tristano e Isotta è indissolubilmente legato al contesto quasi mistico-sensuale e adulterino dell’opera.

Dire insomma che lo sviluppo del linguaggio è legato semplicemente alla necessità del messaggio dell’opera d’arte in questione, che è un suo prodotto quasi, che è il mezzo e non il fine.

Affermare questo però vorrebbe dire la revisione radicale della storiografia musicale del novecento che ha nel OSSIMORO linguaggio come messaggio, che è una specie di parafrasi di Arte per l’arte, il suo cardine, la stessa ragione d’essere.

Nella maceria spirituale che è stato il novecento, non stupisce certo che la nuova musica accademica mondana si sia ridotta ad avere come solo significato e preoccupazione la Forma e il linguaggio stesso, declinato certo in sviluppo quasi scientifico delle possibilità effettistiche degli strumenti[15] o delle voci, o l’uso di “materiale” non convenzionale nelle orchestre, ma pur sempre subordinando il tutto al piacere per lo stupore del pubblico di riferimento e limitandosi nell'apparente vastità del non messaggio.

Come già ho avuto modo di chiarire, il Potere permette solo dispute sulla Forma.


 

14. La trama è semplice: Tristano (Wagner) e Isotta (Mathilde Wesendock) , moglie del suo protettore re Marke (Otto Wesendock, finanziatore e protettore di Wagner. Lo ospitava in una casa vicino alla sua villa) s’innamorano perdutamente ma il loro amore è proibito etc etc.

Il rapporto decisamente intenso tra Wagner e Mathilde durante la nascita e la stesura dell’opera non può assolutamente essere trascurato, basti pensare che l’abbozzo della composizione del primo atto è dedicato “all'angelo che mi ha elevato così in alto”.

15. Vorrei chiarificare il tutto alle anime belle tra noi:

Immaginate una lunga schiera di epigoni di un abominevole incrocio tra Paganini e un ingegnere, virtuosi indiretti (poiché pochi di essi suonano uno strumento a livello del diabolico genovese o semplicemente perché si tratta di elettronica) ma certamente innovatori di uno strumento metaforico. Innovatori convulsivi, alla continua ricerca di strumenti da innovare, come ne innovano uno, subito ne cercano un altro e un altro ancora o, come nel caso della musica elettronica, direttamente lo creano. Di conseguenza i brani musicali che questi producono sono più una sorta di catalogo delle possibilità effettistiche degli strumenti usati e i loro concerti sembrano eterne fiere dimostrative.

 


Envoi

Lo scopo ultimo di questo scritto è quello di dare uno stimolo intellettuale ai giovani occidentali affinché ricerchino una verità alternativa, meno comoda certo dei dogmi di fede che gli vengono propinati nei vari istituti musicali in tutta Europa.

Questa mia proposta, certamente da sviluppare sia con scritti che con il mio stesso lavoro, ha in se il seme di un rinnovato patto nel mondo della musica colta, principalmente tra chi la scrive, ma anche con chi la deve eseguire e infine, con chi da amatore la deve comprendere:

L’Arte, ma soprattutto La Musica deve colmare il vuoto lasciato dalla distruzione spirituale del secolo mercantile, deve ritornare a essere il Faro che per alcune stagioni nell’800 ha guidato gli uomini liberi.

Le altre vie son figlie e conseguenza della situazione attuale. Che piaccia o meno agli interessati.

Prima versione pubblicata in marzo 2017 per Domus Europa


 





Suggestion for a Tradition of western music




In the view of archaic societies everything that is not our world is not yet a world. A territory can be made ours only by creating it anew, that is, by consecrating it.

M.Eliade, the Sacred and the Profane

Tradition and mundanity

- Premise: an occupation quasi una fantasia… [1]

That this last century has been one of confusion, both verbal and of other kinds, is under the eyes of those who have ears, and certainly this little effort of mine will not shine any light on the contradictions everyone accepts as truths. I will not talk about conflicting ideologies financed by banks themselves, I will not examine how one can be both victim and executioner at the same time… or any other amenities that are not my place to analyse. Not today at least. At this time, considering I am trying to make a career as a professional musician, I would like to analyse and clarify some of the terms that we all use and which personally make me shiver. One above all is classical music.


When someone has a job they do not like, be it for historical or social reasons, they always try to combine it with some other word that will throw dust in the eyes [2]. Clearly some musicians want to make people forget the long history, even recent, of this profession, especially the beginning, when we were the equivalent of a radio in a bar: BACKGROUND!

I know it is an unpleasant thing to say, but it is the truth. Instrumental music, from ancient times to the point/Person we will discuss later on, has been the simple background of other events… be it of dinners hosted by some Trimalchios, weddings and court ballets, religious ceremonies, beheadings and so on. Musicians were there, just like the other servants, maybe on a higher rank (because it seems like there are different kinds of servants), to liven up the evenings of the Lord and his court. This was the job of the musician, executor, and composer. Through the centuries the income of some of them increased, but freedom of action and speech, particularly for composers, was always subjected to the discretion of the patron prince.

Even Lully, who undoubtedly made stylistic reforms in music and ballet, in his intellectual/musical works never distanced himself from the superficial topics the Sun King’s court loved and commanded, such as love and death. Lully was undeniably rich and somehow powerful: he decided the future and eventually the artistic death of musicians in France, but he was never free. The same was true for Händel and others. They were all subjugated by the taste of the courts. Someone will say they did not want to be free, it was inconvenient, or they just did not have such high aspirations. Only in Beethoven we can finally see a musician who can willingly express his inner self and Culture, free from the common sense of his patron and those surrounding him.

Of course times were different, perhaps patrons were more illuminati [3], I cannot exactly say and it does not matter now, but the point is that Beethoven, while at times living in extreme poverty, was able with his life and work to finally give some Dignity to musicians, and even elevate some of them to mentors of arts and cultural expressions for the rest of the century [4].

So, we can understand from this brief digression that the term classical music frankly does not mean anything.

Let us take a look at what exactly it is that our dear contemporary musicians want to hide using this term, and why, even if I am sure most of them do it naively and out of ignorance.

 

1. Cit. Beethoven’s Sonata no.14 no.2 Quasi una fantasia (almost a fantasy), also known as the Moonlight sonata.

2. Like some wealthy carpenters well-known in the business, who rename their ordinary workshop atelier; or like saying escort instead of…

3. Between the 1700s and 800s access to sources of Culture had increased, also thanks to the events of the revolution of the french merchant bourgeoisie in 1789. Consequently, economic power, taste, and cultural demands were not a prerogative of aristocrats anymore.

4. This is in fact the case with R.Wagner.

 


- Mundane music… [5]

As we mentioned in our premise, the profession and musical production before Beethoven, who will consequently be a huge touchstone in this discourse, was inextricably tied to its predetermined use. I hope my dear masters will not resent me if I voice my doubt that 99% of what is commonly defined and sold every night as classical music should instead be called, without any embarrassment, old mundane academic music [6], connected, for better or worse, to the more or less consolidated formal taste, level of culture, and need, or rather possibility of freedom of thought of a specific social class in a specific historical moment.

The distinction between this genre and pop music [7] from the same age, resides only in the former’s complexity of formal structure. That is all. Academic music did nevertheless look at the pop genre, more out of an aesthetic/exotic interest than for other reasons, and incorporated it in a filtered way in popular themed rhapsodies, in Suites’ typical and particular ballets, as well as in imitations of vocal or rhythmic regional styles and so on. At that time, the same could not be said of the opposite, for obvious reasons related to taste and lack of culture [8].

Mundane music, as we said earlier, always deals with subjects which do not bother, in any way, the court and the Rulers of the moment. These subjects may be sugar-coated with a pyrotechnical style, with structures which elicit amazement and nothing else. This is why in the academic field days are spent verifying the stylistic orthodoxy of one or another composer, unleashing loyal and unfaithful critics as well, since Stylistic form is the only field where Rulers give mundane culture some room for free discussion. Something like: “sonata form or short skirt? Flip flops or atonality?”.

Hence the bizarre belief held by some revolutionaries who think the conquest of formal freedom coincides, sooner or later, with intellectual freedom. However, the opposite is true. The intellectual need for expression - or, to simplify, the message - and its complexity feel the need to break free from formal constructions dictated by others, in order to be able to create a form which is more suitable to this scope.

In short, the Form, seen as structure and language, is just the means for getting a message across, it is the vessel!!

 

5. I do not want to meddle in other people’s fields of expertise, but I know from my study and experience that this argument can easily be made concerning the rest of the arts and Culture in general.

6. With academic music I do not mean cultivated, but simply faithful to precise formal rules, levelling and average friendly, partially changeable, jealously safeguarded and passed down to the next generation.

7. Because saying pop instead of folk culture makes some feel more like intellectuals and less like commoners. See what I wrote about the professions in note no.2.

8. This is the old argument about the distinction between fame based on authority and fame based on awareness. It has been documented that the common folk knew the names of the great musicians. A famous anecdote, which sounds like an urban legend, is that of an old mountain woman who, upon finding out she was talking with a musician, mentioned Beethoven. The musician was very surprised and asked her if she really knew who this Beethoven guy was, to which she replied: “rumour has it he invented music!”. That “rumour as it” creates fame based on authority. This type of fame makes no difference. No doubt if Beethoven had come to a local pub and said he was Him, he would surely have had lunch for free. He would not have gained understanding, though. So, it becomes clear that fame based on awareness is the true basis for measuring the understanding between the artist and the public. In the case of pop culture of that time, this is the kind of fame reserved to the county fair wandering violinist.

 


- …and the music of Tradition.

It is with Traditional music that the message leads the potential change in form.

It only does it out of need for expression. Nothing more.

At least this is what I observed in Beethoven, Berlioz, Liszt, Wagner and Scriabin.

Liszt, Beethoven, Wagner

The research that brought me to these five names [9], which do not leave out other composers but are, in a sense, separated from them (I say this for those defending the “volemose bene[1]” approach at all costs!!!), started from me not identifying in the cultural/spiritual history of the 1900s [10]. This not identifying in that culture was partly relieved in the analysis of the life and work of Ezra Pound. On the other hand, the spiritual side found ancient confirmation when coming across Julius Evola [11]; and it was following his example that that which I believed was a hole in the musical field was resolved, and manifested itself as a wheat field in the middle of a desert: the only free Tradition of Western music has to be sought only between the exponents of what was defined for convenience as program music [12]! Especially in their INTENTIONS!

The message, the transmission of knowledge through music was their Intention.

This is the point: in the Tradition I pinpointed, music, or rather, Art in its entirety cannot lack a meaning, a deep message.

The Art of Tradition can only be communication of subjects and topics which seem far away to most people but actually concern every single man.

Art without a message, or with the paradoxical non message that has been preached for more than a century, is culturally UNNECESSARY.

Without this Intention, Art and those who practise it will go back to the state of slavery I was speaking of in the Premise [13].



[1] Note of the translator: expression in the roman dialect, meaning a hypocrite “peace and love”, an exhortation to a purely formal and superficial compromise.

 

9. Actually, if you count Bach, it makes six, but he is a sort of Mythological father who, in a sense, seems to link together all musical traditions, from ancient and new academy to Jazz. We could say it is one of those dogma I do not even investigate, for time related reasons. It is fair that everyone should have an Elective father, whether or not they deserve the title should be judged basing on their actions.

10. The most mercantile, mundane and least Western century ever lived in Europe! But this is another story, although is it relevant to the subjects dealt in this article.

11. The Western spiritual tradition, which Evola safeguarded so well in most of his writings, is as ancient and complex as, if not more than, Eastern tradition – yet it gets forgotten, almost denied, certainly ignored. Maybe because it is not exotic. Let us say that mundanity dominates even in spiritual choices.

12. I do not want to spend one word explaining whether I am referring to certain “descriptive” program compositions (woods, streams, little boheme orchestras playing in the distance…) or rather to program music “about Ideals or poetics”, as Liszt called it, and what is the difference between them!

13. I do not mean to reprimand here, of course, also because I am more and more convinced that, as Machiavelli would put it, men are always the same, therefore some customs of the past will always be valid. As stated in the Premise, with this short essay I only wish to call things by their name.

 

Language as a message

As I argued, until, or rather except the Fathers of Tradition and the Intention I found in their work, Music, from cultivated music to pop from every age, was a simple instrument for entertainment and short-lived pleasure, much like the bizarre courses of Trimalchio’s dinner parties. Our twentieth century was like that too.

Every time I endorsed this thesis in public, the most relevant objection was:

“How can you compare the development of language in the XX century with the mundane music you are talking about?”

Whether or not I felt inclined to argue back on the topic of development always depended on the objector’s proven competences and knowledge of the topic.

I would like to try and analyse here one of the most classic examples of language development in music: Wagner’s Tristan und Isolde.

In our conservatory classes, Tristan und Isolde is described to the students, until it becomes a cliché, as one of the biggest blows to the terrible monster holding back everyone’s explanatory needs: tonality!!

It is said that Wagner pushes and expands tonal language as if purposefully rebelling against rules perceived as outdated, and so on and so forth.

Most of the inattentive students take notes in dull silence and probably do not understand, whilst those who are involved in the conversation are left fascinated, picturing who knows what kind of revolutionary plot and “socially useful ideals” that Wagner conveys in the Tristan und Isolde using this new language. And more than once I noticed that these students not only do not know the plot and merely romantic backstory [14] of Tristan und Isolde, but they think - and rightly, given the premises - that this is Wagner’s last work.

Yet, it is only 1859, and the following opera to the Wagnerian manifesto of “language development” is The Master-Singers of Nuremberg, whose style is at the very least classic, certainly very different from the previous work.

At this point a question arises: how is it possible that the language in Siegfried, Twilight of the Gods and partly in Parsifal, his actual last work, is, in a way, underdeveloped compared to Tristan und Isolde… could it be that Wagner was intermittently Wagnerian?!

I realise this can sound paradoxical and even ridiculous, but the serious analysis of the dogma they fobbed us off with for more than a century - and not only in the musical field - brings to this very conclusion.

In short, it would be easier to say that the chromatic language in Tristan und Isolde, which is exaggerated, dense and extremely harmonically inconclusive, is tied to the opera’s spiritual-sensual and promiscuous context.

It would be easier to say that the development of language is simply tied to the need of the message of the artistic work in question, that it is almost its product, the tool and not the purpose.

However, to say this would mean to radically re-examine the musical historiography of the XX century, whose fundamental principle and reason for being stands in the OXYMORON of language as a message, which is a sort of paraphrase of Art for art’s sake.

In the spiritual debris of the 1900s, it is not surprising that the new academic mundane music’s only meaning and worry were Form and language itself, the latter declined in an almost scientific development of the instruments’ or the voices’ sensationalist capabilities [15], or in the use of unconventional “material” in orchestras, but still subordinating everything to pleasure in order to win the targeted public’s amazement, and restricting themselves in the illusory extent of the non-message.

As I clarified, Rulers only allow arguments on Form.

 

14. The plot is simple: Tristan (Wagner) and Isolde (Mathilde Wesendock), wife of his protector king Marke (Otto Wesendock, Wagner’s financier and protector, who hosted him in a house near his mansion) are madly in love, but their relationship is forbidden etc etc.

The intense relationship between Wagner and Mathilde at the time when the opera was born and written are not to be overlooked, just think that the draft of the composition of the first act is dedicated “to the angel who lifted me so high”.

15. I would like to clarify this for the beautiful souls among us:

Imagine a long line of epigones of a horrible mix between Paganini and an engineer, indirect experts (since few of them play an instrument at the diabolic Genoese’s level, or simply because it is electronic) but undoubtedly innovators of a metaphorical instrument. Convulsive innovators, constantly on the search for instruments to innovate, and as they innovate one, they immediately look for another one, or they create it, as in the case of electronic music. Consequently, the pieces of music they create are more like a catalogue of the sensationalistic capabilities of the instruments, and their concerts sound like never-ending demonstrative fairs.

 

Envoi

The ultimate goal of this piece of writing is to give western youngsters an intellectual incentive to search for an alternative truth, less convenient than the rules of faith they are fobbed off with in musical institutes all around Europe.

This suggestion, which surely has to be developed further, both through other writings and through my work, carries in itself the seed of a renewed pact in the world of cultivated music, mainly between composers, but also with executors and, finally, with enthusiasts who have to understand it:

Art, but fist of all Music, must fill the void left by the spiritual destruction of the mercantile century, and go back to being the Lighthouse which guided free men for a few seasons in the XIX century.

The other paths derive from and are a consequence of the present situation. Whether those concerned like it or not.

First version pubblished on march 2017 for Domus Europa

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