BEL ESPRIT - ARTIUM SODALITAS
POMERIGGIO IN VALLE
«Allontanati dunque dalla folla […] e ritirati finalmente in un porto più
tranquillo, dopo una vita fin troppo agitata». (Lucio Anneo Seneca)
C’era un carnaio in quella valle, il chiosco
Che vendeva gelati di caprino,
Qualche bambino non si guarda intorno
E pensa d’esser solo sulla terra;
E quindi la fanciulla, Beatrice,
Che viene come incanto in mezzo ai vivi,
Ed ha gli occhi di bambola cresciuta,
E i capelli raccolti nella treccia
Di cavalla: una ninfetta sortita
Dal ninfeo, ove stava a giovinezza
All’aria, tra quei maschi ancóra in fiore
Intenti a sospirarne la bellezza –
Ed è l’adolescenza che non vissi,
E che ammiro ora, senza vizi, in forma
Di uomo uscito dal bozzolo depresso,
Che vola scolorito in questo spiazzo
Di corpi arrotolati sotto il sole
Nel mentre che, marcente, quest’estate
Non ha posato più pappa reale
Su chi la tentazione di sparire
(Senza soffrire) visse almeno un giorno
All’anno, e quel pensiero abbandonando,
Ma non tra i corpi nel carnaio sfatti
In desiderî, bensì sopra i monti
Che solo certi prendono a salire
In ore successive a questo oziare,
E non stanno a tornare che di notte.
GLI ORECCHINI
«[…] i desiderî / porto fin che al tuo lampo
non si struggono». (Eugenio Montale)
I due delfini alle tue orecchie, e bionde
Le parole che tu non mi hai detto –
Oppure quelle rose che ho preso
Per i tuoi lobi un dì, a Roccaporena,
Dove qualcuno voleva suonare
Un organo sfiatato, altri gettare
Monete nella stanza dov’è nata
Santa Rita (scambiata come un pozzo
Dei desiderî!); ed io chiedo un’iddia,
E canto: «Vorrei la felicità
Che un giorno, un giorno verrà», ma i tuoi lobi
d’oro mi stanno richiamando, ed io resto
Per sempre dentro il dono che tu indossi,
Sebbene non ricordi da chi giunse
Giacché non ti distingui dalle bestie.
*
Io sono l’ombra cupa che ricordi
Con l’opra di chi, a caccia di tramonti,
I raggi fratti in scivoli di luce
Vide infranti su aguzze cime d’Alpi;
E più non mi ricordi, dolce amica
Che passi come tutti quanti amai,
O quella trista in mezzo ai tralci è l’ombra
Che non si lascia dare dai tuoi calci
Fitte che tese un tempo ad anelare,
E all’amicizia passa dal dolore –
Amori, questi, che non tradiranno
Perché di tradimento son composti,
O questi amici, nella vita, hanno
Preso, occupato tutti quanti i posti.
IL GATTO
Il gatto il pelo pettinando va
E, come me, lui sta compiendo il bello
In una leggerezza, e quella grazia
Di muoversi elegante per la stanza
Nel mentre che riflette su pensieri
Che schiuderanno il guscio dei segreti
D’Ermete Trismegisto; o starà forse
Covando uova di quel che ci vuol dire
Con un silenzio quasi sepolcrale,
E quindi enuncerà che qui si passa
Così, tanto per passare. E poi basta.
Paolo Pera è nato ad Alba (CN) il 22 giugno del 1996, diplomato in Arti Figurative ha poi conseguito la laurea in Filosofia presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi sull’estetica di Gianni Vattimo e le possibili declinazioni poetiche del Pensiero debole. Nel 2012 esce un tentativo di romanzo breve; nel 2020 esordisce come poeta con la silloge La falce della decima musa, edita da Achille e La Tartaruga; nel 2021 v’è la prima edizione di Pierino Porcospino, una riscrittura macabro-giocosa di Der Struwwelpeter; tra il 2021 e il 2022, per le Edizioni Ensemble, pubblica il dittico composto da Pietà per l’esistente e Pena di me stesso. Nel 2023 è tra i curatori di Fissando in volto il gelo. Poeti contro il Green Pass(Terra d’ulivi). Si diletta col fumetto e la pittura.
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"In occasione del Premio Strega Poesia, dichiaratamente istituito sull’onda delle vendite, lanciamo questa petizione per raccogliere voci dissidenti..."
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