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di Aurora Licaj
Translation by the author
Foto evento di Guido Nigrelli
Nella giornata di sabato 9 aprile ho avuto l’occasione di partecipare alla conferenza “Storie di fisica e fisici”, tenutasi nel maestoso palazzo della Ragione di Padova in occasione dei settant’anni dell’INFN, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che svolge la sua attività di ricerca in quattro laboratori nazionali - i laboratori nazionali di Frascati (LNF), i laboratori nazionali di Legnaro (LNL), i laboratori nazionali del Sud (LNS) e i laboratori nazionali del Gran Sasso (LNGS) – ma una considerevole parte di essa anche all'estero.
I vari relatori, tramite la mediazione della giornalista scientifica Barbara Gallavotti, hanno ripercorso i settant’anni di storia di questo importante istituto, partendo dall’immediato dopoguerra, nell’anno 1951, quando un gruppo di fisici provenienti dalle università di Padova, Roma e Torino hanno intrapreso la lungimirante impresa di fondare un luogo di lavoro e ricerca tra i più avanzati al mondo, allo scopo di dare risposte alle grandi domande sulla natura dell’Universo e la sua composizione.
Antonio Zoccoli, presidente INFN, ha spiegato come la tradizione iniziata da Enrico Fermi e i “Ragazzi di via Panisperna”[1] sullo studio della composizione dell’atomo abbia costruito le basi della scuola italiana in questo campo di ricerca, portata poi avanti proprio da uno dei quei ragazzi, Edoardo Amaldi, il quale ha contribuito in prima persona alla creazione dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), del Conseil européen per la recherche nucléaire (CERN) di Ginevra e dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA).
Ma quali sono i capisaldi di questa lunga ma ancora giovane ricerca?
Sempre Zoccoli spiegava che la materia, la cui comprensione (sua natura e composizione) è una delle principali questioni su cui si lavora, è formata da diverse particelle subatomiche elementari oltre al ben noto elettrone descritto nel 1896 dal fisico britannico J.J. Thomson: i quark (scoperti nel 1968 al Centro d'Accelerazione Lineare di Stanford, SLAC), i leptoni di cui fa parte il neutrino tau (scoperto nel 2000 al Fermilab), i bosoni di gauge e il bosone di Higgs (scoperti nel 2012 al LHC del CERN).
Tali particelle sono incluse in quello che viene definito il Modello Standard, l'attuale modello teorico di riferimento che descrive tre delle quattro forze presenti in natura, ovvero la forza elettromagnetica, la forza debole e quella forte; la quarta, la forza di gravità, non è inclusa e fino ad oggi non esiste una teoria quantistica coerente che ne descriva ogni aspetto. Questo implica che il Modello Standard è incompleto in diversi punti - i neutrini per esempio secondo il modello dovrebbero avere massa nulla, ma dopo averla misurata si è visto che non è così! - e questo ci fa capire che ancora non abbiamo tutti gli strumenti per rispondere alle grandi domande di partenza. Inoltre, col Modello Standard possiamo descrivere con precisione la materia di cui siamo composti, ma essa, come precisa Zoccoli, costituisce solamente il 5% di tutto l’Universo: il restante 95% è formato dalla materia oscura (ed energia oscura), una componente che non siamo in grado di osservare in quanto non emette radiazione elettromagnetica, ma la cui presenza è sempre più probabile grazie alle osservazioni dei suoi effetti gravitazionali - tra le potenziali prove abbiamo fenomeni di deviazione che la luce subisce anche in punti dove non sono visibili masse. Da qui ci si chiede se l’eventuale conferma della materia oscura possa spiegare anche l’esistenza stessa della nostra materia e come essa sia potuta prevalere rispetto all’antimateria nel momento di formazione del nostro Universo, senza annullarsi secondo il fenomeno di annichilazione [2].
Chiaramente tutte queste questioni aperte e apparentemente insormontabili ci portano a pensare ai tempi che servono per ottenere la vera e propria scoperta scientifica. Roberto Carlin, Direttore della Sezione INFN di Padova, ha spiegato come essa sia quasi una mera questione di accumulo di certezza statistica: se, lanciando una moneta una decina di volte, per esempio, esce sempre testa, si inizia a sospettare che l’evento non sia del tutto casuale. Più si aumentano i tentativi, più è probabile che si riesca a ricavare qualcosa che possa spiegare quel fenomeno che condiziona l’uscita di quel risultato: ovviamente per far ciò ci vogliono diversi anni di ricerca e soprattutto sperimentazione.
Per questo motivo si sono creati dei centri come l’INFN (l’8 agosto 1951) che, come ha raccontato Antonio Masiero, già direttore della Sezione di Padova e già membro della Giunta Esecutiva INFN, potessero seguire tre principali linee guida:
Lavorare con le università, per coinvolgere docenti e soprattutto giovani studenti, una risorsa fondamentale nell’ambito della ricerca;
Far ricerca in infrastrutture avanzate sia dal punto tecnologico che delle risorse, per cui il nostro paese detiene un primato – il primo acceleratore con anelli di collisione elettrone-positrone al mondo è stato quello costruito nel laboratorio di Frascati – per non parlare dei Laboratori Nazionali de Gran Sasso, considerati i centri di ricerca sotterranei più grandi e importanti del mondo;
Internazionalizzazione, ovvero poter coinvolgere e collaborare con scienziati e laboratori da tutto il mondo, in modo tale da poter unire le forze e aumentare così le probabilità di successo della ricerca.
Quest’ultima motivazione in particolare ha portato nel 1952 ben 12 Paesi europei a riunirsi per creare un centro tra Svizzera e Francia che potesse sviluppare l’ambizioso programma di ricerca nel campo della fisica nucleare già iniziato in Italia, il Consiglio europeo per la ricerca nucleare, da cui la sigla CERN.
Inutile rimarcare quanto importante sia la collaborazione e il contributo italiano tutt’ora in questo progetto (che coinvolge ben 2400 persone), come trapelava dalle parole dalla direttrice generale del CERN, la fisica italiana Fabiola Gianotti, in collegamento da Ginevra tra i relatori durante la conferenza.
Più volte è stata evidenziata l’importanza della sezione padovana, non solo di Legnaro, fondata sotto l’impulso dei docenti universitari Claudio Villi e Antonio Rostagni, ma anche la sede di fisica in via Marzolo 8 dell’Università di Padova, dove è stata costruita nel 1937 una delle prime torri per captare e studiare i raggi cosmici e la loro collisione con le particelle atmosferiche – i primi metodi di osservazione delle particelle elementari prima della creazione degli acceleratori.
Durante l’incontro i fatti storici sono stati accompagnati da contributi fotografici, che mostravano per esempio gli interni dei laboratori di Legnaro, o video che spiegavano il funzionamento di acceleratori come l’anello LHC del CERN. Le due componenti hanno reso molto interessante l’esposizione anche di concetti piuttosto intricati e messo di fronte alla complessità tecnologica impiegata in tale campo di ricerca.
Molti approfondimenti riguardanti gli argomenti trattati e immagini dei vari laboratori presenti in tutta Italia si possono trovare nel sito INFN: https://home.infn.it/it/
Dopo aver assistito ad un incontro del genere non mi resta che pensare a quanto noi Umani siamo determinati ad accettare qualunque sfida pur di poterci guadagnare ogni giorno una nuova fetta di conoscenza sulla realtà che ci circonda, superando ogni apparente limite che incontriamo. È solo questione di tempo prima che si riesca a rispondere alle grandi domande che ci poniamo da secoli. Una volta ottenuto questo, chissà se saremo pronti ad accettarne le conseguenze…
NOTE
[1] Per maggiori informazioni sul personaggio di Enrico Fermi potete leggere l’articolo dedicatogli sul nostro sito: https://www.culturainatto.com/post/l-ultimo-uomo-che-sapeva-tutto [2] Fenomeno in cui una particella subatomica si scontra con la sua antiparticella (stessa massa ma per esempio carica opposta) liberando altre particelle come i fotoni. Secondo la teoria del Big Bang, nell'Universo iniziale materia e antimateria avrebbero dovuto essere presenti in proporzioni uguali e di conseguenza dare luogo ad un immediato processo di annichilazione, che avrebbe fatto scomparire l'intero Universo neoformato. Poiché questo non corrisponde alla realtà che osserviamo, si ritiene che un leggero squilibrio in favore della materia abbia fatto sì che quest'ultima non venisse completamente annichilita, rendendo possibile la formazione dell'Universo in cui viviamo.
70 YEARS OF RESEARCH IN INFN
On Saturday, April 9, I had the opportunity to participate to the conference "Stories of physics and physics", held in the majestic Palazzo della Ragione in Padua on the occasion of the 70th anniversary of INFN, the National Institute of Nuclear Physics, which carries out its research in four national laboratories - the Frascati National Laboratories (LNF), the Legnaro National Laboratories (LNL), the Southern National Laboratories (LNS) and the national laboratories of the Gran Sasso (LNGS) - but a considerable part of it also abroad.
The various speakers, through the mediation of the scientific journalist Barbara Gallavotti, have retraced the seventy years of history of this important institute, starting from the immediate post-war period, in 1951, when a group of physicists from the universities of Padua, Rome and Turin, undertook the far-sighted task to establish a place of work and research among the most advanced in the world, in order to answer the big questions about the nature of the Universe and its composition.
Antonio Zoccoli, INFN president, explained how the tradition begun by Enrico Fermi and the "Ragazzi di via Panisperna" [1] (Boys of Panisperna Street, in Rome) on the study of the composition of the atom has built the foundations of the Italian school in this field of research, then carried on by one of those boys, Edoardo Amaldi, who contributed in first person to the creation of the National Institute of Nuclear Physics (INFN), the Conseil européen per la recherche nucléaire (CERN) of Geneva and the European Space Agency (ESA).
But what are the cornerstones of this long but still young research?
Zoccoli explained that matter, whose understanding (its nature and composition) is one of the main issues at work, consists of several elementary subatomic particles in addition to the well-known electron described in 1896 by the British physicist J. J. Thomson: quarks (discovered in 1968 at the Stanford Linear Acceleration Centre, SLAC), leptons that include the tau neutrino (discovered in 2000 at Fermilab), gauge bosons and the Higgs boson (discovered in 2012 at the LHC of CERN).
These particles are included in what is called Standard Model, the current theoretical reference model that describes three of the four forces present in nature, namely the electromagnetic force, the weak force and the strong force; the fourth, the force of gravity, is not included and until now there is no coherent quantum theory describing every aspect of it. This implies that the Standard Model is incomplete in several places - neutrinos for example according to the model should have mass zero, but after measuring them we have seen that it is not so! - and this make us understand that we still do not have all the tools to answer the big questions of departure. Moreover, with the Standard Model we can describe with precision the matter of which we are composed, but it, as precise Zoccoli, constitutes only 5% of the whole Universe: the remaining 95% is formed by the dark matter (and dark energy), a component that we are not able to observe because it doesn’t emit electromagnetic radiation, but whose presence is increasingly likely thanks to observations of its gravitational effects - among the potential tests we have deviation phenomena that light undergoes even in places where no masses are visible. From here we wonder if the possible acknowledgement of dark matter can also explain the very existence of our matter and how it could have prevailed over antimatter in the moment of formation of our Universe, without being annulled according to the phenomenon of annihilation [2].
Clearly all these apparently insurmountable open questions lead us to think about the time needed to get the real scientific discovery. Roberto Carlin, Director of the INFN Section of Padua, explained how it is almost a mere question of accumulation of statistical certainty: if, throwing a coin about ten times, for example, always comes out head, you begin to suspect that the event is not entirely random. The more attempts are made, the more likely it is that we will be able to derive something that can explain the phenomenon that affects the output of that result: obviously this takes several years of research and experimentation above all.
For this reason, centres such as INFN (on 8 August 1951) have been created, which, as Antonio Masiero said, former director of the Padua Section and former member of the INFN Executive Board, could follow three main guidelines:
To work with universities, involving teachers and especially young students, a fundamental resource in this field;
To research in advanced infrastructures both from a technological point of view and from resources, and our country holds a record - the first accelerator with electron-positron collision ring in the world was the one built in the laboratory of Frascati - not to mention the National Laboratories of Gran Sasso, considered the largest and most important underground research centres in the world;
Internationalization, that is being able to involve and collaborate with scientists and laboratories from all over the world, in order to join forces and thus increase the chances of success of research.
This last reason in particular led 12 European countries in 1952 to come together to create a centre between Switzerland and France that could develop the ambitious research program in the field of nuclear physics already started in Italy, the European Council for Nuclear Research, hence CERN. Needless to remark how important the Italian collaboration and contribution in this project still is (involving 2400 people), as leaked from the words of the general director of CERN, the Italian physics Fabiola Gianotti, connected with the speakers from Geneva during the conference.
The importance of the Paduan section, not only of Legnaro, founded under the impulse of the university professors Claudio Villi and Antonio Rostagni, but also the physics headquarters in via Marzolo 8 of the University of Padua, has been highlighted several times, where one of the first towers to capture and study cosmic rays and their collision with atmospheric particles was built in 1937 - the first methods of observing elementary particles before the creation of accelerators.
During the meeting the historical facts were accompanied by photographic contributions, which showed for example the interiors of the laboratories of Legnaro, or videos that explained the operating accelerators such as the LHC ring of CERN. The two components have made it very interesting to exhibit even rather intricate concepts and faced the technological complexity employed in this field of research.
Many insights regarding the topics here discussed and images of the various laboratories present in Italy can be found on the INFN website: https://home.infn.it/en/
After witnessing such a meeting I just have to think about how much we Humans are determined to accept any challenge in order to earn every day a new slice of knowledge about the reality that surrounds us, overcoming every apparent limit that we encounter. It is only a matter of time before we can answer the great questions we have been asking for centuries. Once we get this, who knows if we’ll be ready to accept the consequences...
NOTES
[1] For more information about Enrico Fermi you can read the article dedicated to him on our website: https://en.culturainatto.com/post/l-ultimo-uomo-che-sapeva-tutto-1 [2] Phenomenon in which a subatomic particle collides with its antiparticle (same mass but for example opposite charge) releasing other particles such as photons. According to the theory of the Big Bang, in the initial Universe matter and antimatter should have been present in equal proportions and consequently cause an immediate process of annihilation, which would have made disappear the entire newformed Universe. Since this does not correspond to the reality we observe, it is believed that a slight imbalance in favour of matter has meant that it was not completely annihilated, making possible the formation of the Universe in which we live.
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