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FRANCESCO ZEVIO - LIRICHE RANDAGIE

ITA/ENG/DEU/FR

di Francesco Zevio



Sono poesie scritte nell’arco di circa 4 anni – perlopiù in Germania o nel corso di svariati viaggi – e non so cosa dirne. Forse non so che scrivere poesie d’occasione, forse mi lascio troppo sedurre da bel canto rabberciato e soluzioni troppo semplici: bigiotteria da bambini sordi e… e poeti reazionari (per i poeti: pardonnez-moi de connaître l’ancien jeu des vers… e se non proprio conoscere, almeno cercare di conoscere). Mi sono sforzato a che le mie figure di suono, i miei versi, le mie strofe più regolari non scadessero nel corrivo; mi sono sforzato a che quanto è più libero non fosse semplicemente arbitrario; mi sono sforzato di fare il meglio che potessi. Spero che i risultati di questo sterile furore possano giungere al cuore di qualcuno, non fosse altro che un solo verso.


La poesia è un bene che non si consuma. Il suo piacere è pressoché gratuito, certo rinnovabile. Questo statuto la poesia lo condivide con molti dei suoi oggetti: faggeti, autunno e neve, la notte ardesia, un incontro, la meteora esistenziale di una combriccola di steampunk messicani, ricordi e Griechischer Wein, un amico ubriaco che ti confida il suo desiderio di vita e vita e lontananza, la luce vespertina a un incrocio di una città straniera. La poesia può sensibilizzare a questo tipo di piaceri e al loro godimento.

Che altro? Credo alla musica, ai sensi, allo stile nominale. Rivendico i diritti del particolare sul generale, del concreto sull’astratto. Ultimamente – e nonostante la chiusa di In morte di Esenin – rifletto, altalenante tra sentimento di sollievo e frustrazione, su queste parole di Otto Dix: “gli artisti non devono cercare di migliorare e trasformare il mondo, sono troppo insignificanti per questo. Non devono fare altro che testimoniare.”

 

These poems have been written over a period of about 4 years - mostly in Germany or during several trips - and I don’t know what to say about them. Maybe I can’t write but occasional poems (Gelegenheitsgedichte), maybe I too often let myself be seduced by bel canto and unsophisticated solutions: costume jewelery for deaf children and... and reactionary poets (to the poets: pardonnez-moi de connaître l’ancien jeu des vers... and if not to actually know, at least to try to know). I made an effort so that my figures of sound, my verses, my more regular stanzas would not sound corny; I made an effort so that what is freer would not be just arbitrary; I made an effort to do the best I could. I hope that the results of this sterile frenzy, were it only one single verse, can reach someone’s heart.


Poetry is a good that cannot be consumed. The pleasure she conveys is almost free, surely renewable. Poetry shares this nature with many of her objects: beech trees, autumn and snow, the slaty night, an encounter, a Mexican steampunk gang’s shooting star, memories and Griechischer Wein, a drunken friend who confides to you his desire for life and distance, the evening light at a crossroads in a foreign city. Poetry can sensitize people to these kinds of pleasures and to their enjoyment.


Beyond this, I believe in music, in senses, in nominal style. I claim the rights of the particular over the general, of the concrete over the abstract. Lately, fluctuating between a feeling of relief and frustration – and despite the last verses of Majakowskij’s To Sergei Esenin – I often ponder these words of Otto Dix: “artists must not try to improve and transform the world, they are too insignificant for that. All they have to do is to bear witness.”



 


HEIDE


Cammino solo in stracci di brughiera

bagnandomi le scarpe d'erba e brina –

l’aria vitrea è tagliente, quasi gela,

il mondo è un sogno elisio stamattina.


Camminerò per tutto il lungo giorno

senza un pensiero, senza una parola –

ma l’amore m’inonderà, e il mondo

dal cielo immenso ai gerani viola.


E me ne andrò lontano, senza meta…

più in là, oltre la linea degli abeti –

riconoscente, osserverò la sera

colare dalle stelle, tra le siepi.





NOTTURNO INDUSTRIALE

(ITA/FR)


Lontane montagne ai porti industriali

nubi tossiche, orrende dalla Cina

notte sporca, che doni figli ai cani

e clienti ai motel lungo la riva

e i moli del Mar Giallo ‒ ah, questa è vita…

far serata con vecchi Coreani


di ronda fra scassati pescherecci

farsi invitare per un tè al coperto

e tornare all’hotel tra vicoletti

e mezze pattumiere a cielo aperto

lasciando a un gattaccio qualche resto

nel vomito di neon da muri e tetti


e sentire oltre il nord tutta la terra

tutta tutta a distendersi infinita

passeri e bambini bruciati in guerra

rifiuti in fiumi e oceani nell’erba

nell’immenso fermento della vita

tra petrolio metropoli e gas serra


quale mostro ha spazzato via le stelle

nei cieli violentati dal cemento?

Sentirsi vita e morte nella pelle

nell’estasi e il dolore è un violento

dissolversi in amore ‒ così belle

montagne acque luna ‒ mie sorelle…


***


Montaigne éloignées aux ports industriels

Nuages venimeux, effrayants de la Chine

sale nuit, qui donne des chiots aux chiens

des clients aux Motels le long des quais

sur les berges de la mer Jaune – ah, voilà la vie…

passer la soirée avec des vieux Coréens


en patrouille entre bateaux pêcheurs déglingués

se laisser inviter pour un thé à l’abri

et puis rentrer à l’hôtel par ruelles

et décharges à ciel ouvert

en laissant à un chat quelques restes

sous le vomissement du néon des murs et des toits


et au-delà du nord sentir toute la terre

toute toute s’étendre infiniment

moineaux et enfants brulés à la guerre

déchets dans les fleuves les océans dans l’herbe

dans l’immense fermentation de la vie

entre pétrole métropoles et gaz à effet de serre


quel monstre a dispersé les étoiles

dans les cieux violés par le béton ?

Sentir la vie et la mort dans sa peau

dans l’extase et la douleur violement

se dissoudre en amour – si belles

montagnes eaux étoiles – mes sœurs…





IEROFANIA

(ITA/DEU)


Sull’acqua, la ciprina

di betulle ‒ luce, vespe.

La vita sogna, divina

nel vento tra le querce.


***


Auf dem Wasser, die Zyprine

der Birken – Wespen, Licht.

Träumt das Leben… göttlich träumt

zwischen Eichen, im Wind.





MATTUTINO

(ITA/ENG)



L’aurora partoriente acceca i merli

tra i sorbi senza foglie – sorbi carichi

di brina, di rubini così rossi…

anche l’anima soffre le sue doglie.


In piedi, nero

sopra i tetti, un secco manovale

annoda funi

si aggiusta i pantaloni e fuma solo

contro il cielo.


Ordinerà caffè e cappuccini

con gli operai che spurgano i tombini –

Venere Ctonia, un po’ di calore

per queste mani escoriate senza amore


il fumo delle loro sigarette

e il latte sporco, ardente ai minareti

dei pioppi ischeletriti sono offerte

di poveri, viziosi anacoreti…


ah per una stilla di vita

spremuta dallo strazio dell’esistere ‒

tra spine già fermenta l’infinita

poesia delle future rose mistiche.


***


The break of day in labour blinds the blackbirds

among leafless sorbs – laden with hoarfrost,

with deep-red rubies…

the suffering soul is also in labour.


Un there on the roofs he stands,

a lean sooty labourer,

he knots the ropes

he adjusts his trousers

he is forlorn he smokes

his back turned on the sky.


He’ll be asking for black coffee and white coffee

in a company of workmen who unclog the manholes –

Chthonian Venus, only a bit of warmth

for these grazed hands for lack of love


smoke of cigarettes, the sullied

scorching milk, all that the poor depraved

anchorites can offer

to the skeletal poplars – a row of minarets.


Ah… for a drop of life squeezed

out of the torment of existence –

in thorny shrubs, there leavens the infinite

poetry of mystical roses soon to bloom.


Trad. Claudia Azzola



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